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Non ci sono più i Raiders di una volta. Gli Oakland
Raiders, che la notte scorsa hanno perso in casa per 26-13 contro i
Denver Broncos. La settimana speciale di Pianeta America ad annusare
football in giro per l'America è proseguita giovedì sera all'O.co (si
chiama così...) Coliseum di Oakland, parte opposta della baia rispetto a
San Francisco, città di grande sport - lo stadio è il medesimo degli
A's di baseball, e a 30 metri c'è l'arena dei Golden State Warriors -
che perde però il confronto di fascino, notorietà e attrattiva con la
sua celebre dirimpettaia. I Raiders non sono più quelli di una volta,
perché sono una squadra mediocre, ed è così da tanti anni. Arrivarono al
Super Bowl del febbraio 2003 ma lo persero male contro Tampa Bay, e da
lì sono spariti, per quel che riguarda la lotta per il titolo. Peyton
Manning, il quarterback dei Broncos saliti ora a 10 vittorie e tre
sconfitte, aveva solo un dubbio, prima della partita, ovvero l'ambiente:
lo conosceva da giocatore degli Indianapolis Colts, ma non a Bronco,
dunque con una rivalità più forte, molto forte con i Raiders. Ma il
pubblico, che non ha riempito l'impianto, si è spento molto prima della
fiamma che viene tenuta accesa, in tutte le partite, a ricordo di Al
Davis, fondatore e padrone assoluto del club, scomparso un anno fa, e
ricordato con affetto dai giocatori dei Raiders, applauditissimi, che
sono nella Hall of Fame e che sono stati festeggiati all'intervallo,
anche se l'ovazione maggiore è andata all'allenatore che diede il primo
Super Bowl a Oakland, ovvero l'ormai anziano John Madden, noto alle
ultimissime generazioni per il videogioco che porta il suo nome (e la
sua voce).
Manning ha tenuto in pugno il suo attacco
con la solita genialità, anche se il primo touchdown di Denver è stato
favorito da un fallo della difesa dei Raiders che ha permesso agli
ospiti di proseguire un drive (possesso di palla) altrimenti destinato
al punt, e in generale nel corso della partita i Broncos non sono stati
sempre brillanti nei pressi della end zone, insomma dell'area di
touchdown. In realtà il quarterback ha un po' esagerato, nel
dopo-partita, ricordando i pensieri della vigilia: è da escludere che
temesse realmente l'atmosfera, semplicemente era curioso di
sperimentarla. Roba da ragazzi, e non è piaggeria: alcuni dei 26
passaggi completati (su 36 tentati, con un touchdown e un intercetto
subito) hanno avuto il tocco sublime della perfezione, ad esempio quello
di 22 yard per Demaryius Thomas a chiudere un down, e pochi istanti
dopo quello per Eric Decker con medesimo esito. Nel primo caso
addirittura Manning ha costretto Thomas a un'acrobazia perché era quello
l'unico modo di fargli arrivare il pallone, mentre nel secondo
l'arcobaleno descritto dal lancio ha sfiorato la spalla di Decker e si è
accucciato tra le sue mani, come Dio (del football) comanda. In più un
buonissimo gioco di corsa e una difesa che ha ancora spedito sul palco
Von Miller, uno dei migliori della Nfl nella caccia al quarterback. E
sugli spalti, e prima, solo folclore, privo del tono minaccioso che in
passato alcuni tifosi dei Raiders, specialmente quelli appostati dietro a
una end zone, nel cosiddetto Black Hole, il buco nero che tutto il
rispetto per gli avversari ingoia.
È vero che il motivo per cui non
si gioca più nel precampionato il "derby" contro i San Francisco 49ers
risiede in un episodio avvenuto nel 2011 nello stadio dei 49ers (due
feriti a colpi di pistola e un'aggressione in una toilette) e non al
Coliseum, ma insomma permane, magari per cliché, la reputazione dubbia
di quella manciata di personaggi cui la partita dei Raiders tira fuori
istinti non abituali per uno stadio americano, senza però che accada
nulla di grave, tanto è vero che sono sempre lì e non sotto chiave da
qualche parte.Giovedì sera tra di loro è andato anche il commissioner
Roger Goodell, e i sorrisi e le foto in posa di elementi esteticamente
non ortodossi con quel signore col maglioncino elegante hanno dato
realmente l'idea di una scampagnata, e non di una partita come se ne
raccontano dai tempi andati. E dire che, trattandosi di una gara serale,
poteva esserci il timore che qualcuno arrivasse dopo eccessive
libagioni, che sono poi quasi sempre la causa delle turbolenze. Macché:
anche se qualcosa di grave si è verificato, dal momento che ad un certo
punto un tifoso è precipitato dal terzo anello, finendo in ospedale con
serie lesioni. Non si sa ancora se sia caduto o, come si sussurrava alla
fine, si sia buttato. Conta poco, al momento.